Irpef e Tari della discordia
Sono in arrivo in questi giorni i bollettini per il pagamento della prima rata Tari 2020 che scade il 16 ottobre mentre le altri due rate sono fissate per il 16 dicembre e per il 16 febbraio 2021. Ad annunciarlo è il Comune, che in una nota sottolinea come la prima rata sia stata fatta slittare dal 31 marzo scorso per via dell’emergenza sanitaria legata al covid-19. Ma era stata anche l’attesa per l’approvazione del nuovo piano finanziario di Nord Milano Ambiente e del bilancio comunale a prorogare le scadenze. Le nuove tariffe, che comprendono alcuni ritocchi al ribasso, sono state stabilite dopo aver certificato la diminuzione del costo complessivo del servizio di gestione dei rifiuti, passato complessivamente da 10 milioni e 556mila euro del 2019 a 10milioni e 279 mila euro nel 2020 con un risparmio quindi pari a 277mila euro.
Secondo l’Amministrazione sono previsti risparmi sia per le utenze domestiche (le famiglie) sia per quelle non domestiche (aziende e commercio). Ma sono le imprese rimaste chiuse durante il lockdown a beneficiare dei maggiori sconti: circa il 25% per cento sulla parte variabile della tariffa per i mesi di lockdown.
Restano accese le critiche dell’opposizione del Partito Democratico in Consiglio Comunale, che durante la discussione sulle nuove tariffe nel luglio scorso, aveva avanzato alcune proposte di sgravi bocciate dalla maggioranza di centrodestra. In particolare i dem accusano la giunta di aver aumentato il carico Tari per le famiglie a partire dal 2019 e che ora tale carico rimarrà comunque superiore rispetto ai valori del 2018 e penalizzante per le famiglie con figli.
Inoltre nella nuova Tari non sono previsti obiettivi di tutela ambientale per ridurre l’utilizzo della plastica monouso.
Polemiche anche attorno all’Irpef. La maggioranza che sostiene la giunta Ghilardi ha deciso di portare l’addizionale Irpef ai livelli massimi consentiti (0,8%) e di cancellare la soglia di esenzione sotto i 15mila euro di reddito. “Una scelta pesantissima – tuonò il PD in sede di bilancio – una stangata per le famiglie cinisellesi e le fasce meno abbienti, per di più in un anno di crisi economica e sociale subentrata all’emergenza sanitaria”. La maggioranza però aveva ha giustificato la decisione con la necessità di far fronte al debito fuori bilancio derivante dal lodo Caronte.
La cifra da trovare era tuttavia ben lontana dai 5,5 milioni di euro necessari per il risarcimento deciso dal Tribunale, perché di questi una parte era già coperta dal fondo contenziosi e un’altra dall’avanzo del bilancio precedente. All’appello mancherebbero circa 2 milioni di euro, una cifra – secondo i dem – non impossibile da individuare con modalità alternative, almeno per evitare l’eliminazione della soglia di esenzione.