“La violenza sulle donne ha origini culturali”. Intervista alla psicoterapeuta Claudia Cazzaniga
25 novembre, giornata contro la violenza sulle donne, che su indicazione dell’Onu, dal 1999, si celebra per ricordare il barbaro omicidio delle sorelle Maribel della Repubblica Dominicana avvenuto appunto il 25 novembre 1999. Le tre sorelle non vollero piegarsi al regime dittatoriale del tiranno Rafael Trujillo, pagando con la vita il loro coraggio. La violenza si presenta sotto diverse forme e non sempre è facile da riconoscere.
Oggi a darci il suo contributo, Claudia Cazzaniga, psicologa psicoterapeuta che da oltre 20 anni lavora al CA.Do.M., Centro Aiuto Donne Maltrattate di Monza, sia come volontaria che come professionista. Il Centro si occupa di prevenzione nelle scuole, formazione e sensibilizzazione e di accoglienza alle donne vittime di violenza, di tutte le età, di ogni cultura e ceto sociale, perché la violenza si presenta sotto forme trasversali.
Come ci accorge di un comportamento malato?
Per noi operatrici è difficile ritrovarci nel termine “malato”, perché la violenza, soprattutto quella che avviene all’interno delle mura familiari, è un problema di origine culturale ancor prima che psicopatologica, nasce all’interno di una cultura di tipo patriarcale che non educa il maschio alla gestione delle proprie emozioni ed al rispetto dell’Altro.
Quando riconosciamo che il comportamento del maschio (sia esso marito o padre) è violento? Quali sono i segnali che ci devono allarmare?
Nel momento in cui la donna si sente svalutata nella sua bellezza, intelligenza, professionalità, quando si accorge di venire isolata e allontanata dai familiari, dagli amici, dal lavoro, quando viene colpevolizzata di essere troppo “assente” o trascurante nei confronti del partner, sono i primi segnali che un clima di violenza si sta via via costruendo.
Come si arriva alla violenza fisica, esiste un passaggio intermedio?
Spesso, la violenza fisica o sessuale nasce all’interno di un clima di violenza di natura psicologica dentro il quale la relazione non è più alla pari, ma dettata dalla logica di potere sulla partner, che impedisce alla donna di esprimersi, di raccontarsi, di scegliere.
Come possiamo aiutare chi subisce violenza?
Una donna che vive un clima di violenza, perde la fiducia nelle relazioni e solo con enorme fatica giunge a chiedere aiuto. Questa richiesta è già un passo importante, quando avviene le donne trovano la forza di confidare le loro pene, è necessario sostenerle, senza giudicarle, credendo alle loro storie, condividendo le loro emozioni. Questo darà alla donna la fiducia necessaria a proseguire nel suo percorso e ad appoggiarsi a centri competenti che la supporteranno a riconoscere e a dare un nome a chi provoca loro violenza. Talvolta chi subisce attenzioni particolari o ricatti sul posto di lavoro non dà il giusto peso alla pericolosità del sopruso che sta subendo. Il mobing è una forma di violenza psicologica, che talvolta sfocia in violenza fisica, che causa danni psicologici ed economici. Entrambe sono comunque caratterizzate da una dinamica di sopraffazione e di abuso di potere, ma nella violenza domestica l’esperienza si genera all’interno di una relazione intima ed affettiva.
Dall’inizio dell’anno, sono già 91 le vittime di femminicidio. Molte donne però non denunciano per paura di non poter sostenere i costi derivanti da una causa legale. E’ indispensabile che ci sia un lavoro di rete, professionisti, medici di base, pronto soccorsi, centri aiuti donne maltrattate, forze dell’ordine, magistratura. Il CA.DO.M ha lavorato molto per costruire questa rete interistituzionale che si chiama Artemide, attiva dal 2010 con firma del protocollo d’intesa, all’interno della provincia di Monza e Brianza.
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