«Ritardi e inefficienze, la nostra battaglia per cambiare la sanità lombarda»
Vaccini in ritardo e insufficienti, mancanza di personale negli ospedali, medici di base in difficoltà e presidi territoriali abbandonati da tempo. La Lombardia fa i conti con la seconda ondata del Covid-19 che sta mostrando tutte le inefficienze della sanità. Fabio Pizzul, capogruppo del Partito Democratico in Regione, è impegnato con i consiglieri dem in una dura battaglia politica per cambiare la sanità.
Percorso in salita a giudicare dal muro di gomma innalzato dalla giunta regionale alle vostre critiche.
Il continuo tranquillizzare da parte di Regione Lombardia e da parte soprattutto dell’assessore Gallera ci lascia sempre sconcertati. A partire dalla situazione dei vaccini anti-influenzali.
Nonostante le continue rassicurazioni sulla loro somministrazione si vedono ancora ritardi e disagi che ricadono sui cittadini. È così?
Anche nel caso dei vaccini si continua a negare l’evidenza di ciò che è accaduto e che sta accadendo quando la realtà è piuttosto evidente.
Cosa non ha funzionato sul caso vaccini?
C’è stata senza dubbio una grave sottovalutazione della necessità di fornire con puntualità le dosi vaccinali in un periodo delicato come quello che stiamo attraversando e ci sono stati gravi errori di programmazione. Regione Lombardia si è mossa tardi, la centrale acquisti, Aria spa, non è riuscita a fare la gara per tempo e in maniera adeguata, ha rifatto molte gare ed è arrivata al termine solo quando gran parte dei vaccini erano già stati assegnati ad altri e ha speso molto di più di altre regioni. A questi problemi si aggiungono quelli relativi alla distribuzione. Non si sono resi conto chei tempi non c’erano.
Oltre ai ritardi nei vaccini, abbiamo visto in queste settimane anche altri problemi legati alla sanità lombarda. Cosa non ha funzionato tra la prima ondata e la seconda?
Non si è messo in atto quello che era stato disposto per il territorio. Pensiamo soltanto alle Usca, le unità mediche per le cure domiciliari da mettere al fianco dei medici di base. A settembre erano solo 50 sulle 200 promesse e ad oggi siamo a 150 ma sempre meno rispetto a quelle che sarebbero necessarie. C’è poi la drammatica situazione del personale ospedaliero che è numericamente insufficiente. A questo aggiungiamo la brillante idea avuta dalla Regione di aprire l’ospedale in Fiera andando a togliere personale da altri ospedali in affanno.
Come si esce da una situazione tanto difficile? Quali sono le proposte del PD per cambiare la sanità lombarda?
Abbiamo alcune idee che vogliamo sottoporre all’attenzione e al confronto interno al Partito Democratico e agli altri partiti del centrosinistra. Ci sono tre proposte: la prima è quella di superare le Ats, che si sono rivelate essere i punti deboli della catena di comando perché sono troppe e troppo spezzettate per provincie. La seconda è rafforzare la sanità territoriale dando un ruolo definito ai distretti e a tutti coloro che operano nei territori. Occorre mettere in rete le forze in campo a partire dagli ambulatori. Infine va rivisto il ruolo dei sindaci nella sanità locale. La legge attuale li confina in un ruolo lontano, indefinito. Vanno dati loro gli strumenti per incidere davvero.
Come pensate di riuscire ad ottenere questi cambiamenti da una giunta regionale che fino a questo momento si è dimostrata determinata a respingere qualsiasi critica sulla gestione dell’emergenza sanitaria?
Nei prossimi mesi ci sarà una discussione in aula sulla modifica della legge 23, che regola la sanità in Lombardia. Sarà l’occasione di metterele carte sul tavolo e credo che anche la maggioranza abbia chiaro che ci dovranno essere delle modifiche.
Per allora ha la sensazione che tratterete con un nuovo assessore alla Sanità?
La mia sensazione è che l’equilibrio di giunta resterà bloccato e non ci sarà alcun rimpasto. Anche se alcuni segnali di difficoltà nella compagine di governo ci sono e sono sotto gli occhi di tutti.