Sesto piange Alberto Scodeggio, una vita per l’impegno politico e il volontariato
E’ morto nei giorni scorsi Alberto Scodeggio, che per molti anni era stato dirigente della Fgci e del Pci, poi del Pd di Sesto San Giovanni e volontario dell’Auser.
Così lo ricorda Giorgio Oldrini. “Era, come direbbero i cileni, un “comunista di culla”. Suo padre Massimo era uno dei dirigenti storici del Pci e della Fiom della Breda, suo zio Paolo nel sindacato e nel Pci della Marelli. Mi piaceva molto andare a casa sua e parlare con suo padre, che mi sembrava l’esempio della serietà e della concretezza dei militanti operai del Pci. Alberto si iscrisse alla Fgci quando io ne ero il segretario e divenne subito un attivista. Gli piaceva molto discutere sui temi che allora erano al centro della nostra idea di futuro, ma anche fare il lavoro pratico. In questo suo bisogno di concretezza nell’impegno politico ricordava suo padre. Fin da ragazzo amava discutere e dire la sua con grande serietà e attenzione, anche se poi spesso irrompeva con una risata indimenticabile. Ridemmo molto quando una sera lui era uscito con la sua segretaria di circolo a fare le scritte, portando pennellesse e tolla di biancone, e i due vennero sorpresi da una volante della polizia. Se la cavarono spiegando spudoratamente che stavano andando a ridipingere la sede del circolo. La sua serietà e la sua risata lo hanno caratterizzato fino alla fine, nel dibattitto che
dal Pci ha portato fino al Pd e nell’Auser dove era diventato uno dei volontari più impegnati e apprezzati. Portava dentro di sé il gusto per la discussione, ma anche l’impegno concreto, la capacità di instaurare un rapporto di rispetto e di solidarietà con le persone. La sua scomparsa è una perdita grave per il Pd, per l’Auser e per la politica seria a Sesto San Giovanni”.
Angelo Maj, che per anni è stato con lui nel Pci ha scritto: “Ho conosciuto Alberto Scodeggio negli anni ottanta del secolo scorso quando era il segretario della sezione “Irma Bandiera” del Partito Comunista Italiano, carica che rivestì a lungo, non so se fino allo scioglimento del Pci, o prima o successivamente. Proveniva da una famiglia comunista e del militante comunista aveva alcuni tratti tipici: la serietà, la meticolosità, vorrei dire la pignoleria nell’affrontare e discutere le singole questioni. Poi una visione della politica che metteva sempre in primo piano i doveri del militante: la politica era intesa, più che un’opportunità personale (come troppo spesso appare oggi) una forma di impegno per combattere le ingiustizie e trasformare in meglio la vita di tutti. E questo valeva sia che si affrontassero i piccoli problemi del proprio quartiere sia le questioni ben più vaste e complesse della solidarietà internazionale. Ma naturalmente la vita, anche in una comunità particolare quale era quella del Pci, non era fatta solo di riunioni e di organizzazione. Ecco, mi ha sempre colpito come Alberto, serio, quasi serioso quando si affrontavano questioni “ufficiali”, si trasformasse quando si passava alla scherzo: la sua voce, solitamente misurata, saliva di tono e la sua risata diventava rumorosa. Quando ho saputo della sua scomparsa ho provato una grande tristezza. Alberto era ancora giovane, la vita aveva ancora tante cose belle da offrirgli. Non è stato così. Riposa in pace”.
Nell’Auser cittadina Alberto ha lavorato a lungo. Come ricorda qui di seguito Annamaria Antoniolli, Presidente della Associazione.
“In questi giorni, ci ha lasciato Alberto Scodeggio, una persona che con il suo impegno sociale ha dato sostanza al concetto di “sestesità” che per anni è stato etichetta positiva della nostra città. Era nonno, e gli si illuminava il viso quando parlava dei nipoti. Era persona che si informava per capire e poter dire la sua attraverso il suo ruolo di volontario in Auser, e ancora come militante del Pd. Alberto è degno rappresentante di quella categoria di persone che vivono la generosità come un impegno costante nella vita. In Auser per queste sue caratteristiche gli era stato chiesto di svolgere un delicato compito di assistenza alle famiglie e alle persone anziane, spesso sole, a cui portava in dono il suo tempo, le sue parole e la compagnia, oltre naturalmente alla spesa. Sapeva entrare in sintonia con le persone, tanto che le famiglie che aiutava l’avevano “adottato” chiedendo preoccupate di lui e del suo stato di salute negli ultimi mesi in cui aveva dovuto ridurre gli impegni per curarsi”.