Carlo Oriani da Balsamo e la memorabile vittoria al Giro del 1913
Ci sorride sornione Carlo Oriani dall’altorilievo a lui dedicato, posto alla base del monumento al Bersagliere, inaugurato nel 2018 nei giardini tra le vie Monte Ortigara e Ariosto a Cinisello Balsamo. Sarebbe felice di sapere che nella sua città di origine è previsto domenica 30 maggio il passaggio dell’ultima tappa del Giro d’Italia. Perché Carlo Oriani è stato un grande ciclista, forse quello tra i nostri concittadini che raggiunse più traguardi.
Nato a Balsamo nel 1888 in una famiglia di fittavoli con undici figli, viveva in una cascina nei pressi dell’attuale piazza Italia. Di giorno lavorava come manovale e muratore, mentre la sera frequentava una scuola di avviamento professionale. Almeno nella prima parte della carriera alternò la bici al lavoro. Intorno al 1907 si trasferì a Sesto San Giovanni, dove trovò occupazione alla Breda e cinque anni dopo si sposò con Angela Maria Somaschini. Era chiamato da tutti El Pucia per il suo grande appetito e per il fatto che era solito “fare la puccia”, raccogliendo con la mollica del pane qualsiasi avanzo dal piatto.
In quei primi anni del Novecento la bicicletta era un miraggio per i ragazzi più poveri che cercavano con grandi sacrifici di acquistarne una, anche usata, sia per recarsi al lavoro che per raggiungere la Brianza e i laghi, dove trascorrere delle giornate all’aperto. Balsamo e Cinisello, allora due comuni distinti, non vantavano ancora una tradizione legata al ciclismo; fu soltanto a partire da quel periodo che si accesero nei giovani i primi entusiasmi per le attività sportive. Le già note rivalità tra i due campanili si acuivano parlando di sport, con accese discussioni alla sera nelle trattorie. Anche per l’acquisto delle biciclette c’erano delle distinzioni: quelli di Cinisello acquistavano dal Fumagalli, mentre quelli di Balsamo dal Palladini.
Carlo Oriani da subito dimostrò le sue capacità, gareggiando con gli amici in bicicletta. Sapeva andare forte, il suo era un fisico robusto e aveva gambe muscolose. Le prime gare risalgono al 1905, mentre quattro anni più tardi, ancora dilettante, conquistò le prime vittorie di spessore. Sul percorso Milano-Bergamo-Lecco-Ballabio arrivò secondo.
Pur impegnato nel servizio militare come bersagliere, il 13 Maggio 1909 partecipò alla prima edizione del Giro d’Italia, piazzandosi 5° nella classifica generale e 1° fra i dilettanti. Venne congedato nel 1910 e l’anno successivo passò tra i professionisti in occasione della Milano–Sanremo. In seguito partecipò al Giro d’Italia, conquistando l’11° posto.
A seguito della guerra in Libia, inquadrato nell’8° Reggimento Bersaglieri, si imbarcò a Palermo il 9 ottobre 1911. Fu impegnato come portaordini in bicicletta e prese parte alla violenta battaglia di Sciara Sciat. Per il suo coraggio ricevette un encomio.
Rimpatriato nel maggio del 1912, riuscì a partecipare al via del Giro d’Italia, ma arrivò solo 49° alla prima tappa perché a corto di allenamento e venne anche escluso per infrazione ai regolamenti. Non si scoraggiò e in autunno vinse il Giro di Lombardia.
Il 1913 fu l’anno migliore per Oriani che correva per la Maino. Dopo aver conseguito nelle varie tappe una serie di buoni piazzamenti, sugli Appennini conquistò il primato e lo conservò sino al Trotter di Milano dove, ad attenderlo, c’erano anche i suoi amici di Balsamo e di Sesto San Giovanni. I suoi compaesani andavano in delirio, vedevano in lui il campione del futuro che con la forza, la ferrea volontà, la caparbietà, era riuscito a interrompere l’egemonia dei campioni di allora e del nascente astro Girardengo. Sulla Gazzetta dello Sport il direttore Emilio Colombo scriveva: “Oriani ha vinto perché è un forte, un grande campione a nessuno secondo per esuberanza di energie fisiche”.
Ma la prima guerra mondiale era alle porte e Oriani fu nuovamente richiamato. A settembre del 1916 col 3° Reggimento Artiglieria da Campagna fu impegnato in duri combattimenti nelle trincee di Plezzo e Vermegliano. A fine novembre del 1917, dopo Caporetto, il suo Reggimento si ritirò nella parte più meridionale del Tagliamento, fra i ponti di Madrisio e Latisana. I soldati erano incolonnati a piedi; un commilitone, nonché amico di Oriani, mise un piede in fallo e scivolò nel Tagliamento e lui si lanciò nell’acqua gelida per salvarlo perché, come raccontava la moglie: “Era un generoso, dava tutto per gli amici”. Uscirono entrambi fradici. Il compagno venne tratto in salvo, ma non scampò alle conseguenze dell’acqua gelida e di lì a pochi giorni morì. Oriani, con gli abiti inzuppati, a digiuno, vagò per alcuni giorni prima di ritrovare il suo comando. Riprese servizio, ma le forze iniziarono a mancargli. Fu portato in un ospedale nel Veneto, poi si decise di trasferirlo al sole del Sud (a Caserta), unico possibile rimedio alla polmonite, visto che la penicillina non era ancora stata inventata. Ma nonostante ciò, il 3 dicembre 1917, dopo tre giorni di ricovero, spirò. Aveva solo 29 anni. La moglie fece appena in tempo a raggiungerlo per l’ultimo saluto. Fu sepolto nel cimitero di Caserta, dove rimase sino al 6 novembre 1921. La famiglia chiese di poterlo riportare a Sesto San Giovanni, ma per farlo fu necessario aprire una sottoscrizione per raccogliere del denaro. I funerali si celebrarono in forma solenne il 26 novembre 1921 nella chiesa di Santo Stefano in piazza Petazzi a Sesto San Giovanni. Al termine della cerimonia la salma fu traslata al Cimitero Monumentale di Sesto San Giovanni, dove riposano anche i sindaci e le autorità della città.
Dobbiamo la ricostruzione della storia di Carlo Oriani ad Alberto Scurati che, con Arturo Riva, fu tra i primi fondatori dell’U.S. Giannino Negrini e svolse un ruolo fondamentale nella promozione delle competizioni ciclistiche tra i giovani, e soprattutto ad Angelo De Lorenzi, giornalista e scrittore, esperto di ciclismo. La foto della Coppa Negrini è di P.Gobbo.