Inviati da diporto e revisionismo a futura memoria
Si discute molto, in queste ore, della situazione russo-ucraina. Non voglio ergermi ad esperto. I miei limiti impongono di parlare solo di cose cui ho cognizione e credo di conoscere abbastanza bene il mestiere del giornalista.
Dico subito che non farò una critica a quegli inviati al seguito delle truppe i quali, essendo appunto “al seguito”, altro non hanno da raccontare se non quel che vedono e ciò che viene servito loro dal tenente colonnello addetto alla comunicazione.
Assai criticabile è, viceversa, l’atteggiamento delle testate giornalistiche che dirigono quei colleghi. Quelle testate (carta stampata, on line, televisione, radio) pur dotate di enormi standard tecnologici per monitorare l’intero teatro geopolitico, nulla fanno per svolgere correttamente il compito di onesta e oggettiva narrazione. Ne avrebbero i mezzi ma li usano avendo sposato una parte.
Se palesassero per chi votano si traccerebbe una tara. Solo a Mentana (che si dichiara refrattario alle urne) e a Draghi (elogiato per questo) è consentito mantenere il segreto.
Secondo la mia esperienza, la nuda esposizione dei fatti e degli avvenimenti può interessare, tuttavia non giova se non vi si accumuna la causa degli stessi eventi. Così, in futuro, si potrà aiutare la storiografia ed evitare revisioni a piacimento.
Un commento
Soprattutto spettacolarizzano e allarmano invece di chiarire il nocciolo della questione riportando le posizioni realistiche delle parti e i pericoli concreti, non teorici.