Addio Michail, riformatore finito dalla “parte del torto”
Coloro che da noi si ostinano a dichiararsi comunisti, dopotutto, altro non sono che attivi testimoni di questo secolo e perciò disposti a non sottrasi nel fare i conti con il passato .
Ci saranno dei dottoroni che sintetizzeranno: “il comunismo non è riformabile” riferendosi a Stalin e a Putin i quali del comunismo, niente sono stati e sono, se non una flagrante degenerazione di destra. La più autentica. Se ne infischieranno, costoro, dei principi riformatori di un processo sociale e politico che voleva modificare l’URSS, esaltare l’Europa e confrontarsi con le potenze Occidentali considerate “democratiche” le quali si rivelarono, viceversa, parassitarie e speculatrici. Cioè le peggiori espressioni di un modo di vivere e di pensare che in Italia vantano epigoni ben riconoscibili.
Gorbacev trattò con Reagan, un presidente USA che mai riuscì ad elevarsi oltre a colui che era stato: uno dei peggiori attori di Hollywood. Anche qui Michail aveva buone ragioni per farlo poiché le relazioni vanno tenute a prescindere, specie se non sono tese agli affari ma alla tenuta di una società che voleva rifondarsi sulla base di un’ideale socialista e dal volto umano, simile a quello tentato da Dubcek e poi affossato dagli stalinisti medesimi.
Scrivo queste note e mi vengono in mente le scene a cui assistevo quando facevo il radiocronista a San Siro, ogni qualvolta si affacciava una squadra russa per un match di Champions. Vedevo gli oligarchi di nuovo conio, circondati da donne vistosamente ingioiellate, darsi alla pazza gioia a base di caviale e champagne. Dei miei colleghi plaudivano al successo del libero mercato, io rimuginavo su come sarebbe finita.
Sostenere, come lui fece (lo dico poiché ho seguito la sua visita a Milano nel 1989) che “bisogna che i due blocchi divengano poli politici anziché militari” fu un’illusione di un uomo niente affatto visionario ma concretamente portato a (ri)considerare gli interessi della propria gente: riduzione degli armamenti, nessuna pressione ai confini, dialogo ad oltranza. Un sogno? Un’utopia? No! Un disegno concreto, teso a migliorare il mondo di allora e quello futuro, oggi sciaguratamente osteggiato.
Pertanto, Gorbacev, fu destinato ad occupare “la parte del torto”.
Che la terra gli sia lieve.