La solita ideologia della destra e quello che la sinistra ha perso
Avremo un governo di destra. Così hanno deciso gli elettori, come impongono le regole democratiche. Non la destra liberare prefascista, la quale certo non era immune da sovranismo e nazionalismo, con feroci puntate colonialistiche. Cosa faranno e quante poltrone si scambieranno la Meloni e Salvini, con Berlusconi a fare da sensale, sarà l’oggetto delle prossime edizioni di tutti i talk show da qui alla metà del mese. Poi governeranno. Come sono arrivati a vincere la contesa alle urne? Lo hanno fatto sulla base di un’ ideologia. Apparirà strano a coloro che delle ideologie avevano decretato la fine.
Chiediamoci allora, cosa sarebbero se non opzioni ideologiche le indicazioni fornite dalla destra italiana, sulla famiglia, sull’aborto, sugli immigrati, sull’inclusione e sulla priorità della “nazione”, sull’assistenza pubblica e la salute, sulla revisione della Costituzione in senso presidenzialista? A quanto pare ciò che oltraggiava la sensibilità morale, dal loro punto di vista, viene considerato, nella fatturazione dei voti, un “affare ”.
Essi possono coniugare il tutto con frasi dense di efficacia, indipendentemente dal contesto, anche non preoccupandosi del significato. Gli affiliati della destra non si sentono obbligati a fingere di disapprovare gli industriali che licenziano e i loro sperticati profitti. Sembra ci dicano che ciò è meno “distruttivo” delle proteste ad oltranza ed è più “onesto” riconoscere che l’avidità e migliore dell’invidia. Perché con i dipendenti adesso si fa così: prima li scorpori, li metti sotto un’azienda ombrello, poi non sei più tenuto ad occupartene dato che non sono più tuoi dipendenti. Lasciando il sindacato nell’impotenza più profonda.
Perché? La risposta è che la sinistra ha perso per non saper dare orizzonti credibili a chi vive una vita schiacciato dalla burocrazia e se si tratta di un lavoratore dipendente, dal costo esorbitante della vita a fronte di salari tra i più bassi. Si è lasciata perdere l’equità (brutta parola?) manovrando per restare al governo, con chicchessia, ritenendola un’azione “responsabile”.
Verso chi? Forse nei confronti dei poveri, di chi lavora precariamente o dispone di una partita Iva che lo costringe, mensilmente, a far di conto tra pagare le bollette e l’affitto, mandare a scuola i figli e le pendenze sempre crescenti con Equitalia? Senza contare sui diritti ma soffrendo gli oneri nei confronti di chi commissiona lavori pagati (e non sempre succede) a sessanta, novanta, cent’ottanta giorni? La sinistra, tutta la sinistra, deve rigenerarsi, riorganizzarsi e unendosi. Puntando sul fatto che le istituzioni, al massimo livello, possano essere controllate dalla volontà popolare (non solo con l’esercizio del voto) e non dai pochi che i molti considerano dei privilegiati.
Bisogna badare alla differenza (scusandoci per l’esempio in chiave militare) che ci sarebbe tra un esercito di professionisti e uno formato da cittadini. I primi disprezzano gli ideali, i secondi (anche demoralizzandosi, a volte) sono invece pronti a battersi per ciò in cui credono. E assai tardiva è apparsa, la contrapposizione bipolare tra fascismo e antifascismo, poiché non t’ inventi una fisonomia dopo che si sono fatti passare dei lustri a mettere insieme cene in stile K Street* al posto delle Feste dell’Unità, in uno scenario che mostrava la frantumazione dei diritti sui posti di lavoro. Bisognerebbe che la destra non si crogiolasse troppo a lungo, perché non bisogna consentirle di credere, come diceva Gorbacev: “… di aver perso il loro miglior nemico”.
*K Street: è una strada di Washington dove si trovano la maggior concentrazione di studi legali e di società lobbistiche.