“Cambiare in Lombardia è possibile. Sanità e trasporti vanno riorganizzati”
“La mia candidatura è stata una cosa un po’ improvvisa. Il centrosinistra era in grande difficoltà e due settimane fa si è verificata sul mio nome una forte convergenza sia nel PD che tra altre forze. A quel punto mi è stata avanzata la proposta di candidarmi a Presidente. Ho accettato, dovendo prendere in poche ore una decisione”. Pierfrancesco Majorino, classe ’73, parlamentare europeo del PD e politico di razza, sorride mentre spiega come si è ritrovato a correre nientemeno che per la presidenza della Regione Lombardia. La scelta sul suo nome è arrivata dalla direzione dei dem, che hanno votato a stragrande maggioranza “l’opzione Majo”.
“Ho accettato onorato e con grande passione. Ovviamente avverto l’emozione e la responsabilità. Da quando mi è stata avanzata la richiesta di candidatura trovo una crescita continua della voglia di impegnarsi per cambiare pagina dopo 28 anni di governo regionale di centrodestra. Colgo in tutti i territori lombardi un entusiasmo e un desiderio di dare il proprio contributo. E’ una sfida durissima ma possiamo farcela”.
Il fatto di essere stato scelto dal PD e dagli alleati del centrosinistra senza ricorrere alle primarie ha creato qualche polemica. Cosa rispondi a chi parla di percorso chiuso?
Non vi erano i tempi per lo svolgimento delle primarie e per l’avvio della campagna elettorale. Questa è stata la valutazione della coalizione. Devo aggiungere che penso che, come mi permettevo di dire un anno e mezzo fa, dovessimo scegliere il candidato con primarie attorno all’estate. Ma ormai è il passato. Dobbiamo impegnarci tutti per raggiungere la vittoria. Ed è quello che sta avvenendo.
Alla luce degli eventi, come sono i rapporti con l’altro Pierfrancesco (Maran), tuo ex collega assessore a Milano che si era auto-candidato alle primarie?
Ottimi. Ho fortemente voluto Pier a fianco in occasione dell’apertura della campagna elettorale al Teatro Elfo Puccini. Pier è impegnato al mio fianco per la riuscita della campagna elettorale.
Cosa vuoi dire a chi vede nella Moratti un’opportunità per vincere contro il centrodestra (e ce ne sono molti anche nel PD)?
Ho rispetto per la figura di Letizia Moratti ma da qui a presentarla come il nuovo che può permettere la svolta anche no. E’ una donna di centrodestra. Adesso si vuole presentare come “civica” ma è sempre stata organica alla destra. È la sua storia, lo dico pure con rispetto. Ha portato avanti una riforma della sanità da riscrivere totalmente. Per vincere non abbiamo bisogno di Zelig, ma di idee. Chiare e precise. E le abbiamo.
I cinque stelle hanno aperto ad una possibile alleanza sul tuo nome. Quali sono i punti di contatto con i pentastellati? Come eviterai il rischio di perdere un pezzo della coalizione se entrassero a farne parte?
Come ho già detto, non vi sono chiusure verso nessuno. Se si troverà un terreno d’intesa bene a patto che il confronto sia chiaro e parta idee e programmi. Noi comunque siamo in campo e andiamo avanti
Sei una figura molto conosciuta a Milano. In molti, trasversalmente, giudicano ancora positivamente il tuo operato di assessore al welfare prima col sindaco Pisapia e poi con Sala ma poi dicono che la Lombardia è un altro campo di gioco. Per te forse troppo ostile. Come rispondi?
Che la Lombardia è una regione composta da più di dieci milioni di abitanti con una differenza di territori elevata e una ricchezza culturale e paesaggistica unica. Ha una ricchezza industriale e produttiva che la portano ad essere la locomotiva del Paese grazie anche alla forza e autorevolezza degli atenei universitari. Ho già cominciato a girare i territori, non solo i capoluoghi. Sto incontrando Sindaci e comuni cittadini. Voglio andare in particolare in quelle aree dove è difficile arrivare con i mezzi pubblici o trovare un medico. La campagna elettorale si fa consumando le suole delle scarpe. E’ quello che farò. Come mi è capitato di fare come Assessore al Welfare di Milano occorre abbinare concretezza e visione. Non vedo alcuna ostilità. Al contrario. Vedo interesse, passione e voglia di cambiamento.
La sanità mangia una parte consistente del bilancio lombardo. Il meccanismo pubblico-privato è palesemente stato tarato a favore del privato con evidenti squilibri, liste d’attesa ed altre storture. Come si agisce? Come si cambia il sistema? Con una rivoluzione o con gradualità?
La riforma Moratti – Fontana non riequilibra in alcun modo questa situazione. Tutt’altro. Non è accettabile che per importanti visite l’unica via sia pagare. E’ un sistema che non regge più. Come non regge più una sanità territoriale che la riforma Moratti – Fontana si è ben guardata dal ripensare a dovere. Mi dipingono come un “rivoluzionario” quando al contrario sono una persona molto molto concreta. I veri cambiamenti si fanno con i passi giusti. Senza strappi. Ma tornare a investire nella sanità pubblica sarà una delle mie priorità. Voglio riscrivere la riforma della sanità con i medici, gli infermieri e gli operatori sanitari. E’ stupefacente come la sanità registri queste difficoltà in una Regione che ha straordinarie eccellenze pubbliche e private che, tuttavia, non vengono valorizzate come si dovrebbe.
Ti conosco da anni. Non hai la patente, detesti le auto blu e spesso di muovi coi mezzi pubblici. Quindi comprendi i pendolari più di ogni altro candidato. Cosa faresti per aiutarli per davvero?
Innanzitutto ascoltarli veramente. Sembra poco ma penso che in questi anni troppe volte si siano trovati di fronte un autentico muro di gomma. Trenord si è rivelata non all’altezza e lo stesso Fontana ha dovuto riconoscerlo. Vi sono aree del territorio – penso alla Mantova – Cremona- che presenta infrastrutture autostradali e ferroviarie per nulla all’altezza di una regione come la Lombardia. Fontana vuole che ogni città sia collegata a Milano entro un’ora. Adesso. E lui e i suoi predecessori dov’erano? Perché siamo ancora in una situazione di treni soppressi, disagi continui che rovinano la vita delle persone? I pendolari non sono figli di un dio minore. Ecco perché penso che la guida di Regione dovrà essere più “forte” riguardo al governo – e agli investimenti – nel settore trasporti lombardo.
La Lombardia è raccontata come una regione ricca e produttiva. Una regione che è un arcipelago di padroncini, commercianti, piccoli e grandi industriali. Come pensi di attrarre il voto di quei ceti che mai hanno votato a sinistra negli ultimi 25 anni?
Con un programma che non vuole essere il solito elenco di buoni propositi o da allievi di “Dulcamara”, insomma non vogliamo e non possiamo vendere pozioni magiche. La crescita del sistema produttivo lombardo è lo strumento che può portare alla creazione di nuovi posti di lavoro. Vogliamo aiutare e agevolare chi fa impresa. Ma allo stesso tempo vogliamo anche impegnarci perché i divari sociali si abbattano….questa forbice oggi è troppo larga e mi preoccupa
Quali altre cose cambieresti per la tua regione?
Ad esempio mi impegnerò sul ripensamento della formazione lombarda. Sugli ITS Regione Lombardia può fare molto di più. La formazione professionale è fondamentale e risponde alle richieste dei territori.
Il PD vince nei centri urbani (quasi tutte le città lombarde sono amministrate dai dem) e perde in provincia e nelle zone rurali. Con quale tipo di partito si esce dalla Ztl?
Con il partito dell’ascolto, dell’incontro. Con il partito che si consuma la suola delle scarpe e va, come ho già detto, negli angoli meno al centro dei riflettori della nostra Regione. Quei territori che più patiscono i quasi trent’anni di gestione del centrodestra. Dobbiamo ascoltare e parlare. Far capire le nostre proposte e non avere paura di andare da nessuna parte. Se ci hanno vissuto come distanti dobbiamo girare pagina. Per questo dico che dobbiamo vincere in ogni luogo di Regione.