Vince l’astensione e le regioni escono più deboli dal voto
Il 12 e il 13 Febbraio 2023 ci consegnano allarmanti dati sulla quantità dei non votanti. Il “sono tutti uguali” pare sia stata la motivazione prevalente tra coloro che hanno deciso di non recarsi ai seggi. La vittoria della destra, nel Lazio e in Lombardia, pone in chiaro l’orientamento dei pochi elettori. Evidente che le percentuali ottenute dai contendenti hanno un valore assoluto e queste, nella nostra regione, premiano senza dubbio il governo di Fontana e a ben guardare anche quello della Moratti, sebbene quest’ultima si sia solo recentemente smarcata per presentarsi con il Terzo Polo.
Ciò che dovrebbe mettere in guardia è la bassissima affluenza alle urne. Seppure essi possano contare su uno stuolo di consulenti dalla consumata esperienza nel maneggiare i numeri, i maggiorenti dei partiti avranno delle difficoltà nello spiegare politicamente una così vasta astensione. Circa il 31,5 in meno sono tanti se paragoniamo il dato alle tornate precedenti ed è ancor più marcato se lo si registra in Lombardia,
considerata la più avanzata tra le ragioni a vocazione europea. A fronte dei milioni di cittadini aventi diritto, rende assai preoccupante la portata del problema specie per chi è chiamato a governare.
Un elemento di profonda riflessione tanto più che si profila un orizzonte denso di cambiamenti. Per prima la proposta di Autonomia regionale avanzata dalla destra. In ballo vi è il prestigio politico per fare le leggi e l’autorità necessaria per imporle ai cittadini mentre si palesa, come sembra, il vuoto di consenso.
Metterebbe nell’imbarazzo legislativo le assemblee che si andranno a formare con la conseguente responsabilità sia della giunta che si formerà ma anche di tutti i componenti, maggioranza e opposizione, che siederanno al Pirellone. Poiché, se non si va a votare, per la democrazia si profilano opachi orizzonti.