Vannacci, il soldato di un Paese guasto
Se il generale Roberto Vannacci ritiene che esista uno specifico profilo di italianità dovrebbe prima portare elementi scientifici utili a supportare questa audace affermazione per un territorio sul quale (per secoli) hanno bivaccato etnie di tutto il mondo. Farsesco pensarlo, con la speranza che non diventi tragico. Probabilmente, nel suo girovagare sui vari fronti di guerra Vannacci non avrà potuto studiare che gli stessi bianchi americani devono guardarsi dall’approfondire il loro personale albero genealogico: potrebbero scoprire quanto il buon Tom fosse per davvero un loro zio.
Il bravo soldato Vannacci, due stelle dorate sulle spalline e un pacco di nastrini che testimoniano le sue campagne, ha scelto di semplificare. Ha preso ad esempio una splendida pallavolista di colore, con la maglia azzurra, per sottolinearne le diversità somatiche e del colore della pelle. Una opzione più adatta a dei pardi o per i racconta storie la cui arte è comunque quella di comunicare con povere parole in modo da favorire la comprensione ad un pubblico multiforme.
L’eroico soldato Vannacci, dopo aver sentenziato che i migranti che arrivano da noi “non scappano dalla guerra o dalla fame, altrimenti si fermerebbero prima” ha inoltre fatto proprio il motto che il genere LGBT è composto da soggetti anormali che agiscono contronatura.
Non mi sono stupito. Avendo anch’io fatto il soldato (semplice) per 15 mesi dal ’66 al ’67 posso dire che ricordo benissimo come trattavano da Avanguardisti noi subalterni, tutti quei militari di carriera, dagli ufficiali ai marescialli.
In particolare, molti di quei marescialli erano reduci dalla Seconda Guerra durante la quale, allora ventenni, probabilmente operavano da caporal maggiore. Non mancava momento che esaltassero quanto di meglio c’era nel Regio Esercito e nel regime mussoliniano, al confronto di quello della Repubblica “molliccio e pieno di pederasti”.
Vannacci è stato rimosso. Sarà improbabile che gli tocchi la stessa sorte del capitano Dreyfus. Anziché la Cayenna l’attende un seggio parlamentare.
Ora, il brutto della faccenda Vannacci (nato nel ’68 e quindi illibato da colpe golpiste pregresse) e l’eco di proteste (Sgarbi in testa) sulla violazione del diritto di parola, non risiede nello specifico ruolo da lui ricoperto. Un compito istituzionale che dovrebbe garantire un alto rispetto della nostra Costituzione. Ai nostri occhi la cosa sgradevole la si trova nella constatazione che ciò da lui scritto, in un libro autoprodotto, rappresenta il pensiero di gran parte del Paese, tra gli elettori e i gli stessi non elettori.
Dallo “sdoganamento” berlusconiano e in tutte le fasi successive, troviamo continui tentativi e atti concreti nel revisionare la storia, le sentenze, le origini delle tragedie italiane, gli aspetti del costume e dell’auto promozione sociale. Per ruoli in cui la “terzietà” è la missione, non solo militari ma quanti magistrati hanno utilizzato la propria funzione come tribuna per altre carriere?
Oggi siamo a questo punto. Sarebbe assai utile riflettere e pensare come fronteggiare, con gli strumenti della democrazia, una deriva che fa dell’Italia un “Paese Guasto”.