Precettazioni, governo forte con i deboli e contro i lavoratori
Non c’è da stupirsi che un governo di destra, attacchi il diritto di sciopero. Risale al tempo dei Fasci e delle Corporazioni l’abolizione di questa forma di lotta, poiché tutto andasse per il verso giusto e le richieste mai toccassero il tasto del “politico”.
Adesso ci risiamo, in versione Matteo Salvini. Il quale, nel gioco delle parti tra le componenti dell’esecutivo Meloni, sembra quello proveniente da una commedia goldoniana. Salvini si appella al giudizio del popolo, dimenticando che con i suoi comportamenti (grossolani, abborracciati, volgari e con sfondo antidemocratico) ha dimostrato di disprezzare.
In queste ore con la precettazione in atto, si cavilla sulle forme da adottare per le tipologie di lavoratori. Se pubblici, se privati di quali categorie. E via dissertando. Non c’è bancone di bar televisivo che non sia diventato uno scanno da esperti legulei. Si sta dicendo che scioperare danneggia il Paese.
Pretendono di scegliere chi possa o meno scioperare il 17 di Novembre: i dipendenti pubblici, quelli del privato, il farmacista o il veterinario? Siamo al paradosso. Si sciopera appunto per far sentire la propria voce, per manifestare un disagio, per rivendicare giustizia, per far avanzare le proprie istanze. Chi ritiene che ciò non debba avere conseguenze è davvero privo di ogni onestà intellettuale.
Avrà conseguenze sul piano politico perché la manovra della Meloni non è tecnica ma è politica, come rivendicato dal suo ingresso a Palazzo Chigi. Tra l’altro, sembra non coincida neppure con gli interessi di Confindustria. I lavoratori vi si oppongono e sono nel pieno loro diritto. Non spetta al Governo scegliere le forme e i tempi della lotta. E Cgil e Uil (bisognerà chiedersi prima o poi cosa intenda diventare la Cisl) lo hanno decretato dopo una fitta campagna di assemblee e consultazioni.
Nel retrobottega della Destra si cerca di rianimare i manipoli e di orientare i prefetti. Da Crispi, a Corradini, a Mussolini, fino ai più moderni esponenti politici italiani, la richiesta di pieni poteri non si è mai sopita, anche dal 1948 in poi. Insomma, un governo “forte”. Nel segno di un’energia più nominale che sostanziale. Se così non fosse, perché mai chiedere l’illimitata scadenza dei mandati come vorrebbe “la regina di tutte le riforme”?