Sesto, 1976: la morte di Alasia, di Bazzega e di Padovani nel lucido ricordo dei parenti
Gabriele Arosio, membro della segreteria Acli di Milano, mi ha raccontato dell’incontro organizzato lo scorso Venerdì 15 Dicembre a Sesto San Giovanni. Una data che richiama un altro dicembre, quello del 1976.
Allora, proprio davanti al cancello dove si sono dati appuntamento, al numero 161 di via Leopardi, 47 anni fa si materializzò uno dei fatti più sanguinosi degli Anni di Piombo. Accadde che il giovane brigatista rosso, Walter Alasia, rimase ucciso dopo uno scontro a fuoco, da egli stesso aperto, durante il quale persero la vita il maresciallo Sergio Bazzega e il vicequestore Vittorio Padovani.
In quel luogo si sono ritrovati Giorgio, il figlio di Bazzega e Oscar, fratello di Walter. Con loro – ci spiega Arosio – una classe di quarta liceo delle Scienze Umane dell’Istituto “Erasmo da Rotterdam” di Sesto e un gruppo di uomini e donne che fanno capo al gruppo dell’Incontro, una comunità che da tanti anni riunisce vittime e responsabili della lotta armata degli anni settanta”.
In tutto una cinquantina di persone, grazie al progetto voluto da Acli impegnata per la pace e la ricerca di strade alternative alla violenza e per reagire al male. “Le uniche capaci di costruire rispetto per la vita e speranza” come ha ricordato il presidente, Andrea Villa. Tutti si sono recati all’Oratorio San Luigi dove si sono intrecciate, quasi diluendosi per poi coagularsi, le storie diverse che a distanza di molti anni è difficile aridamente catalogare.
“Potrebbero essere loro attribuiti ruoli che però in questo momento non contano: terrorista, maresciallo, vicequestore – continua Gabriele Arosio – Non contano nulla perché a raccontare la loro storia sono un figlio che parla di suo padre; un fratello che racconta la storia della sua famiglia, un cugino quella del suo amato compagno di avventure estive”. Nel salone erano presenti tra gli altri, Gherardo Colombo; Manlio Milani, presidente dell’Associazione vittime della strage di Piazza della Loggia e Agnese Moro, figlia di Aldo Moro.
“L’intreccio tra il bene e il male – ha detto l’ex magistrato del Pool di Mani Pulite – siamo soliti vederlo in maniera strabica: riconosciamo il male che compiamo ma quello che facciamo noi ha sempre una giustificazione e merita sempre un’assoluzione; il male assoluto è sempre solo quello che compiono gli altri”. “L’intreccio che riguarda l’irrompere del male produce storie irrimediabili – ha spiegato Agnese Moro – con la morte delle persone, ma noi ora siamo qui a dire che siamo amici, vittime e autori del reato, amici improbabili ma con legami forti, belli, che ci fanno vivere”.
In conclusione, ci ha raccontato ancora, Gabriele: “ …la cosa più toccante è stata la presenza di Luciana, la vedova di Sergio Bazzega, la mamma di Giorgio. “Sono qui come testimone silenziosa” ha detto, con il suo splendente sorriso. Un sorriso che tutti i presenti porteranno a lungo nel cuore come un grande regalo”.