22 Novembre 2024

Il giornale di Cinisello Balsamo e Nord Milano

Fine vita, depositata anche in Lombardia la proposta di legge

Paola Gobbi, consigliera comunale Partito Democratico
infermiera
cellula Associazione Luca Coscioni, Milano

L’ultima settimana ha visto riprendere, in Italia e nella nostra regione, il faticoso dibattito sulla fase terminale della vita delle persone, e in particolare il diritto – sancito dalla sentenza n. 242 della Corte Costituzionale nel 2019 – di ricorrere al suicidio medicalmente assistito in determinate circostanze.

Quali?

  1. essere in grado di intendere e di volere, ossia di prendere decisioni
  2. affette da patologie irreversibili
  3. afflitte da intollerabili sofferenze fisiche o psicologiche
  4. al contempo dipendenti da trattamenti di sostegno vitale (es: emodialisi, ventilazione assistita, farmaci salvavita, alimentazione ed idratazione artificiali)

Nella sentenza (che ha di fatto assolto Marco Cappato dall’accusa di aiuto al suicidio per aver accompagnato il dj Fabo in Svizzera nel 2017) la Corte costituzionale ha però anche richiamato governo e Parlamento chiedendo loro di lavorare con urgenza a una norma specifica, che colmasse il vuoto legislativo e fosse più articolata della «toppa» messa dai giudici per rispondere alle richieste pressanti dei cittadini, che certo non possono rimandare il momento in cui la malattia diventa intollerabile e desiderano morire, in presenza delle quattro condizioni sopra richiamate.

Finora solo tre Regioni — Veneto e Friuli-Venezia Giulia (guidate da governatori di centrodestra) e Toscana (governata dal centrosinistra) — hanno permesso a loro cittadini di ricorrere al suicidio assistito. Ma lo hanno fatto in modi diversi. Per evitare differenze ingiuste nell’applicazione della sentenza della Consulta l’associazione Luca Coscioni, che da anni porta avanti battaglie politiche e giudiziarie sul fine vita, si è fatta promotrice di proposte di leggi regionali d’iniziativa popolare (tutte uguali) in diverse regioni, denominata “Liberi Subito” che interviene in materia di organizzazione sanitaria per garantire tempi e procedure  certi a chi, nel rispetto di quanto previsto dalla sentenza n. 242 del 2019, richiede al servizio sanitario nazionale le verifiche sule proprie condizioni per avere accesso all’aiuto medico alla morte volontaria.

In Lombardia la presentazione è avvenuta giovedì 18 gennaio, presso il Consiglio regionale al Pirellone, con il deposito di 8181 firme; di queste un centinaio sono state raccolte anche a Cinisello Balsamo, nel corso di due eventi pubblici di sensibilizzazione di cui mi sono fatta promotrice.

Firme depositate anche in Friuli Venezia Giulia, mentre gli uffici tecnici delle regioni Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana e Abruzzo hanno già valutato la proposta e ritenuto che le norme lì contenute rientrino nelle competenze regionali e siano rispettose della Costituzione italiana.

Sappiamo già come è finita in Veneto il 17 gennaio, la prima regione italiana a prendere una decisione: la legge, fortemente sostenuta dal governatore Zaia, è stata bocciata dal consiglio regionale per un solo voto; la destra leghista si è spaccata tra favorevoli e contrari e il partito democratico non è riuscito ad esprimere compattezza, nonostante l’indicazione della segretaria nazionale Schlein di votare a favore, registrando l’astensione della consigliera Bigon, determinante per l’esito negativo finale.

Astensione motivata dalla consigliera dem di area cattolica in nome della “libertà di coscienza, garantita dallo statuto del Pd”. Vediamo nel dettaglio perché il richiamo all’obiezione di coscienza per motivare il  mancato appoggio alla proposta di legge è fuori luogo.

Prima osservazione: le norme regionali proposte dall’associazione Coscioni non propongono nessuna novità, ma si limitano a regolare quello che già è stato autorizzato dalla Corte costituzionale, stabilendo solo la procedura pratica per il suicido assistito, in modo che possa avvenire in tempi certi e in modo da evitare il rimbalzo delle istituzioni che o non sono preparate a consentirlo o vi si oppongono politicamente.

La tabella sintetizza i contenuti dei 6 articoli di cui si compone la proposta di legge.

Seconda osservazione: si continua a giudicare «eticamente sensibile» una questione che la Corte costituzionale ha già sancito come facente parte dei diritti umani fondamentali dei cittadini italiani. Una cosa è dire che per principio e convinzione non si farebbe mai ricorso al suicidio assistito, un’altra è impedire con le proprie scelte (come ha fatto Bigon) che gli altri cittadini possano ricorrervi nei termini regolati dal diritto e dalla giurisprudenza. Cioè già legali. Opporsi all’applicazione della sentenza della Corte costituzionale sul suicidio assistito è dunque paragonabile a rimettere in discussione la legge 194  sull’interruzione volontaria di gravidanza. Secondo i dati Eurispes del 2022, i cittadini italiani sono favorevoli all’eutanasia e al suicidio medicalmente assistito, rispettivamente nel 42 e 74% degli intervistati.

Terza osservazione: è probabile che la legge votate solo dalle regioni di sinistra più laiche, come Emilia-Romagna (Bonaccini ha già espresso il suo sostegno) e Toscana. E che, come già successo per l’aborto farmacologico, la maggior parte delle altre regioni non faccia niente. Qualcosa però potrebbe cambiare per quanto riguarda le norme nazionali. La Corte costituzionale nel 2019 aveva infatti stabilito che il suicidio assistito non è punibile solo se il paziente è tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale. Ma adesso anche questo aspetto viene messo in dubbio: in un’ordinanza del 17 gennaio la gip di Firenze Di Girolamo ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 580 del codice penale così come modificato dalla sentenza della Consulta 242/2019 sul caso di Dj Fabo, chiedendo che le norme siano di nuovo esaminate dalla Corte costituzionale. Secondo il giudice fiorentino il fatto che possano ricorrere al suicidio assistito solo i malati tenuti in vita da trattamenti di sostegno vitale determina una «irragionevole disparità di trattamento» tra «situazioni concrete sostanzialmente identiche». E la Consulta dovrà decidere se tornare a occuparsene. Tutto questo mentre il Parlamento, ancora una volta, rimane a guardare.

Quarta osservazione: è necessario promuovere sul nostro territorio una sensibilizzazione ampia su tutto quanto riguarda la tutela dei  propri diritti nella fase terminale della vita. Non solo quindi “morte assistita” ma anche, e soprattutto, conoscenza delle norme (leggi n. 38/2010 e 219/2017) che consentono a ciascuno di noi di essere valutati e presi in carico per il sintomo “dolore” in tutte le sue forme; di essere assistiti da équipe di operatori sanitari esperti in cure palliative, anche al domicilio; di poter pianificare e condividere percorsi terapeutici e assistenziali in caso di malattie inguaribili; di poter nominare una persona, il fiduciario, che si faccia carico di far rispettare le proprie volontà sui trattamenti sanitari da iniziare, o sospendere, anche quando non siamo in grado di farlo. Ciò significa implementare conoscenza e diffusione delle disposizioni anticipate di trattamento (DAT o testamento biologico), ad oggi sottoscritte solo dallo 0,4 % della popolazione, che vede coinvolti direttamente i Comuni nella fase di raccolta e deposito nella Banca dati nazionale, nonché nella pubblicizzazione.

E’ un impegno che come Partito Democratico di Cinisello Balsamo onoreremo a breve, con un evento pubblico di confronto “a più voci” su questi temi.

Proposta di legge regionale “Liberi subito”

Si compone di 6 articoli: Artt. 1 e 2: ricordano che l’obiettivo fondamentale della legge è quello di garantire alle persone malate che intendono accedere al suicidio assistito la necessaria assistenza sanitaria ed elencano quali sono i criteri stabiliti dalla Corte costituzionale per accedervi. Art. 3: stabilisce che le aziende sanitarie regionali devono nominare una Commissione medica multidisciplinare permanente che esamini le domande di accesso al suicidio assistito per verificare se i pazienti possono ricorrervi. La commissione deve essere composta da un medico che si occupa di terapie palliative; un neurologo; uno psichiatra; un anestesista; un infermiere e uno psicologo.  Art. 4 detta i tempi entro cui il paziente che ne fa domanda deve poter ricorrere, se ne ha i requisiti, al suicidio assistito (20 giorni dalla presentazione della richiesta) e stabilisce che tale paziente «può decidere in ogni momento di sospendere, posticipare o annullare l’erogazione del trattamento». Artt. 5 e 6: stabiliscono che il suicidio assistito deve essere gratuito per i pazienti e non deve portare aggravi al bilancio sanitario regionale.

Redazione "La Città"

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