Gli anni del regime a Cinisello. Adunate e propaganda fascista
Nel numero precedente si era parlato dell’apparato propagandistico del regime fascista e della sua pervasività nella vita dei cittadini. A tal fine un ruolo rilevante veniva svolto dalle cerimonie pubbliche, che si tenevano in occasione degli anniversari di date significative come la Marcia su Roma e la Giornata della Fede, o per le inaugurazioni di opere pubbliche. Anche le visite alle fabbriche servivano al regime per ribadire il sostegno alle attività imprenditoriali e, al tempo stesso, avevano la finalità di estendere il consenso tra i ceti popolari. In occasione delle visite dei gerarchi venivano date indicazioni per i preparativi e la sistemazione dell’arredo urbano.
In alcuni casi veniva azionata la sirena del Municipio e quelle delle fabbriche. Nella nostra città il podestà dava istruzioni dettagliate. La città veniva ripulita dalle immondizie, si provvedeva a sistemare le aiuole, fare rappezzi stradali, aggiungere nuovi cartelli e targhe o riverniciare le scritte poco visibili. Il 4 giugno ’38, nel corso della visita del federale di Milano, Rino Parenti, furono inaugurate la sede della Gioventù Italiana del Littorio in via Cadorna e l’attigua Scuola di Avviamento Professionale Reginaldo Giuliani.
Sul registro di classe la maestra Maria Lighetti annotava: “Il Federale inaugura il nuovo edificio della scuola dedicato alla memoria di padre Giuliani, ricordando gli episodi fulgenti della sua campagna in terra d’Africa per la conquista dell’Impero”. Parenti incontrò gli operai della ditta Alea e si recò a visitare l’edificio ancora in costruzione delle case dell’Ente Comunale di Assistenza, il Consultorio pediatrico e ostetrico e la colonia elioterapica, dove tenne un comizio. Si compiacque per la disciplina, coesione ed entusiasmo: “a riprova che la volontà del verbo fascista ha conquistato tutti i cuori, snebbiato tutti i cervelli, svegliato tutti i sonnacchiosi”. Disse di scorgere negli occhi di tutti: “la gioia di vivere in questo clima di vittoria e di ascesa, l’orgoglio di essere governati da un capo che tutto il mondo ci invidia”.
Nei primi anni del fascismo il duce si recò più volte nel vicino Campo di Aviazione Clerici. Il 19 giugno ’23 fu starter d’eccezione della III edizione della Coppa Baracca. Dopo aver consumato una frugale colazione a base di caffelatte e panettone, si recò a visitare il prototipo di un aereo da caccia. Infine, “per cortese volontà dei fascisti di Cinisello”, pose una dedica sulla riproduzione in bronzo che lo raffigurava: “Sagra dei motori. Ai fascisti di Cinisello”. Tornò il 5 ottobre ’24 per la IV edizione della Coppa Baracca che subì un rinvio per le pessime condizioni meteorologiche. La mattinata di Mussolini fu così riempita con altri impegni. Visitò i capannoni della Breda e poi venne a Cinisello, imbandierata per l’occasione. Raggiunse a piedi il municipio fra due ali di folla plaudente. Nel Palazzo comunale lo attendevano le autorità e all’esterno una moltitudine composta anche da bambini delle scuole e degli asili. Il sindaco Emilio Baj Macario gli rivolse queste parole: “Eccellenza, è con senso di orgoglio e di viva commozione che io assolvo l’onorifico incarico di consegnarvi l’attestazione della cittadinanza onoraria di Cinisello. […] Abbiamo voluto dirvi che riconosciamo in voi l’assertore dei diritti della Nazione e della dignità del popolo italiano, il valorizzatore della nostra vittoria, il nemico inflessibile di ogni attentato alla grandezza e al decoro della Patria[…]”.
Quanto questo appoggio incondizionato al regime fosse ben lungi dal concretizzarsi in toto, emerge dalle misure di polizia adottate per garantire la sicurezza del duce, del re o dei federali durante visite e cerimonie. Oltre alle consuete precauzioni, le abitazioni di noti comunisti erano piantonate; in alcuni casi i “sovversivi” venivano fermati e rilasciati al termine delle cerimonie. Ne sapeva qualcosa Carlo Meani (primo sindaco di Cinisello dopo la Liberazione) che era costretto ad abbandonare la propria abitazione o altrimenti rassegnarsi all’arresto. A volte si presentava spontaneamente alla stazione di polizia con l’occorrente per il soggiorno in cella, che veniva lasciata aperta perché ormai noto alle Forze dell’Ordine che si fidavano di lui. Fatto che nulla toglie all’arbitrarietà del provvedimento.
Il fascismo riuscì nell’intento di modificare la fisionomia del Paese sia da un punto di vista estetico che morale. Trasformare il volto della patria significava trasformare innanzitutto le singole realtà locali; la città, dunque, diventava la fucina ideale dove plasmare e inventare la nuova identità dell’Italia fascista.
Per l’intitolazione di nuove strade la potente macchina culturale del regime scelse inizialmente di celebrare la memoria della Grande Guerra. Il culto del littorio finì però per monopolizzare l’intero orizzonte simbolico municipale. Si passò da un processo di africanizzazione dell’odonomastica in chiave coloniale a nuove strategie di consenso che celebravano martiri e gerarchi o avvenimenti della rivoluzione fascista. Si suggeriva così una linea legittimatoria e nobilitante che, senza soluzione di continuità, partiva dall’Unità d’Italia e, attraverso la guerra, trovava nel regime il proprio coronamento. Anche nella nostra città furono intitolate nuove strade e alcune di quelle esistenti cambiarono denominazione: via XXIII Marzo 1919, fondazione dei Fasci di Combattimento (oggi Carmelita De Ponti); viale XXVIII Ottobre, Marcia su Roma (Dei Partigiani); viale dei Legionari (Giacomo Matteotti); via Andrea Furia, fascista locale morto nella guerra d’Etiopia (Carlo Villa-martire antifascista); via Passo Uarieu, luogo di morte di Furia (Giuseppe Mazzini); via General Cantore (Martiri di Fossoli); via Campo del Littorio (XXV Aprile).
Con la caduta del fascismo la popolazione distrusse le targhe che richiamavano i fasti del regime e due lapidi poste sulla facciata del Palazzo comunale. La prima era quella dell’unificazione dei due comuni, avvenuta il 13 settembre ’28. Il provvedimento, fatto precedere dall’unificazione delle due sezioni del Partito Fascista, era stato accolto come un’imposizione dall’alto, soprattutto dai balsamesi che non avevano condiviso la discriminazione della loro sede municipale a vantaggio di quella di Cinisello. L’altra lapide distrutta fu quella dell’assedio economico. Il 2 ottobre ‘35 Mussolini aveva dichiarato guerra all’Etiopia. Il 18 novembre i Paesi della Società delle Nazioni imposero l’assedio economico all’Italia. Nel ‘36 fu deciso che sulle facciate di tutti gli edifici comunali del Regno fosse murata una pietra a ricordo dell’assedio economico. L’inaugurazione doveva essere simultanea in tutti i Comuni: il 18 novembre alle ore 17. Nella nostra città l’adunanza fu comunicata con un manifesto firmato dal podestà Gimelli e dal segretario del Fascio Repetto: “[…] per ordine del DUCE, fondatore dell’Impero, questa data viene ricordata in segno di Vittoria e perché il Popolo Italiano non la dimentichi”.
La dittatura cercò di servirsi della religione per le sue ambizioni di dominio, presentandosi come restauratrice dei valori dello spirito e del prestigio della religione cattolica, dopo un’epoca di agnosticismo e materialismo. Si mirava a realizzare un’organizzazione simile alla Chiesa cattolica, modello per la creazione dello stato totalitario. L’iscrizione al Partito comportava un atto di dedizione totale, consacrato dal giuramento. Lo stato doveva riunire potere politico e religioso, inculcando il senso del dovere civico e dell’obbedienza.
Istrione nel teatro della comunicazione di massa, il duce solleticò nevrosi e paure inconsce; creò il mito del “nemico interno” costruendo ad arte false notizie sui giornali, aizzando gli squadristi per poi presentarsi all’elettorato come leader moderato. Del suo profondo disprezzo per la democrazia non fece mai mistero, come sottolineava Giacomo Matteotti nel denunciare l’anomalia di un governo affidato al capo di una milizia armata di partito. Il fascismo non si limitò a reprimere le masse: ebbe l’ambizione di plasmare le coscienze. Credere e obbedire, per poi combattere. Queste le parole d’ordine che trascineranno l’Italia in una guerra disastrosa accanto alla Germania nazista. Ma sarà proprio la generazione dei nati e cresciuti all’ombra del littorio a ribellarsi, in un atto di disobbedienza radicale che con la Resistenza risolleverà le sorti della patria: una vera nemesi storica.
P.Rulli, AA.VV., Le pietre raccontano, Comune di Cinisello B., 2011; G.Milanese, P.Rulli, Carlo Meani. Il volto mite di un antifascista irriducibile, Comune di Cinisello B., 2016; P.V.Cannistraro, La fabbrica del consenso. Fascismo e mass media, Laterza, 1975; E.Gentile, Il culto del littorio. La sacralizzazione della politica nell’Italia fascista, Economica Laterza, 2001; E.Meroni, Antifascismo e Resistenza a Cinisello Balsamo, Ambrosiana, 1990; M. Ponzani, Il regime tirannico di Mussolini voleva forgiare l’«uomo nuovo», Corriere della Sera, maggio 2024.Fotografia di V.Meroni, manifestazione fascista in piazza Vittorio Emanuele.
Un commento
Ma veramente dopo 80 anni rompete ancora i coglioni con il fascismo il duce e il resto tutto questo non esiste più mentre i regimi comunisti esistono ancora e non x un ventennio ma da secoli e di persone ne hanno trucidate fatte sparire o deportate compresi quei Innocentini del ANPI ( forse non ricordate le Foibe) sarebbe ora che la smettesse e vi facciate un bel esame di coscienza!!!