Intervista con il grande campione della Juventus – Lungo i sentieri di Cinisello – (2 Luglio 1988)
di Ivano Bison
Riproponiamo, ad oltre trent’anni da quando l’abbiamo realizzata, l’intervista con Gaetano Scirea.
Il programma della serata prevedeva l’inaugurazione di un torneo di calcio per giovanissimi con la presenza di Gaetano Scirea, Giovanni Trapattoni e Stefano Maccoppi. La loro partecipazione avrebbe impreziosito una serata che sembrava promettere poco data la pioggia accanitasi sui piccoli calciatori. Essi comunque si davano battaglia, con grande animosità, sfoderando anche qualche “giocata” tutt’altro che disprezzabile.
A sentire chi si trovava ai bordi del campetto dell’oratorio Pio XI nessuno degli illustri ospiti si sarebbe fatto vedere. Tuttavia, seppure in lievissimo ritardo e (nonostante lo scetticismo dei più) giungevano Trapattoni e Scirea, mentre Maccoppi faceva sapere di essere bloccato a Como dai festeggiamenti per la raggiunta salvezza della squadra lariana reduce, proprio quel giorno, da un pareggio nell’ultima partita con il Milan scudettato. Il più seguito dai capannelli, subito formatisi nonostante le invocazioni dello speaker, è stato il bianconero (le cronache calcistiche lo consegnano come il vice di Dino Zoff alla guida della squadra torinese).
La ragione di tanto affetto è spiegata dal fatto che Gaetano Scirea, proprio su quei pochi metri quadrati di terra battuta, ha iniziato a rincorrere un pallone di cuoio. Un oggetto diventato, di la a poco, lo strumento del suo lavoro. Con quanta maestria lo abbia usato diventa del tutto ozioso ricordarlo in queste note. Del resto non staremo ad elencarne il palmares ricco di scudetti e di titoli continentali e mondiali.
C’interessava cogliere le sensazioni di Gaetano Scirea, di questo campione ritornato dalle sue parti dopo molto tempo. Torna sui luoghi che l’hanno visto coltivare le prime amicizie, cementare rapporti e solo la molteplicità degli impegni professionali sono riusciti a rarefare. “Quasi non riconoscevo la zona, è molto cambiata — ci anticipa Scirea, intuendo il canovaccio per le interviste del genere “tornando a casa” — non so dire se in meglio. Le strade, ecco, le strade mi sembrano diverse. Forse quando ero un ragazzo c’era qualche sentiero in più”.
Alcune settimane fa, allo Stadio “Meazza”, lei ha partecipato a un revival della finale di Madrid contro la Germania. Ha segnato anche un goal. Nostalgia? “No, nessuna; ho ponderato molto la scelta per lasciare. Grazie alla Juventus ho potuto farlo con la dovutaa gradualità. Essere stato in panchina mi consentirà di restare nel gruppo ed intanto affinare le mie esperienze peril ruolo che dovrò svolgere in futuro”
Pensa di avere la pelle adatta per passare al ruolo di “torchiatore”? “Non sarò certo un mastino. Lavorerò con quel grande personaggio che risponde al nome di Dino Zoff e credo di poter operare in continuità con quanto ho fatto finora come calciatore. Spero di essere in grado di trasmettere l’esperienza fino a qui accumulata. Per uno che si avvia ad un nuovo mestiere sarebbe il massimo”.
Tornando a Cinisello ha ritrovato molta gente, ha rivisto molte facce… “Una cosa bellissima. Credo che non ci sia altro che possa fare più piacere. Mi ritrovo qui, con un sacco di gente intorno, con gli autografi da firmare, con le foto di rito, ma non da fastidio. Non lo dico per atteggiarmi. Credo che queste occasioni ti gratifichino più di un’ovazione allo stadio”
Qualche ricordo particolare degli anni trascorsi a Cinisello? “Niente di speciale ma al tempo stesso tutto è stato speciale. Come può esserlo un’infanzia e un’adolescenza. Quanto giocare al calcio! I campionati oratoriali, le partite con gli amici, i tornei serali. Sempre sul campo. Cosa potevo chiedere di più? Il mio divertimento si è trasformato in fonte di guadagno. Ma i soldi, almeno per me, non sono tutto”
Mentre parla con noi continua a rispondere a quanti gli si rivolgono con un “…ti ricordi di me”. Nei locali dove si tiene il rinfresco, affollatissimi, qualcuno reclama la presenza di Gaetano per il taglio della torta. Abbiamo il tempo solo per un’ultima domanda.
Cosa direbbe a questi ragazzi che sognano le grandi squadre e pensano di arrivare al grande calcio? “Intanto devono divertirsi, giocare per il gusto di giocare. Poi se qualcuno (ma deve essere molto fortunato) riesce ad andare avanti, deve applicarsi e studiare la “materia”, con serietà e modestia. Guai a pensare di essere arrivati. Per i meno fortunati deve restare, sopra ogni cosa la voglia di praticare uno sport. Ciò è sempre salutare. Fisicamente e moralmente».