4 Febbraio 2025

Il giornale di Cinisello Balsamo e Nord Milano

La “tregua di Natale” del ’14, quando i soldati nemici deposero le armi

Sembrerebbe una favola, invece accadde veramente, 110 anni fa. Era la notte di Natale del 1914, il primo anno di quel massacro che verrà denominato Grande Guerra, uno dei più sanguinosi conflitti della storia. Belgio, trincee delle Fiandre a sud di Ypres: i soldati degli opposti fronti improvvisamente cessano il fuoco. Un fatto inaspettato e impensabile. Nessuno lo aveva ordinato, non c’era stato alcun accordo tra i comandi degli opposti schieramenti.

Una tregua spontanea decisa dai soldati. Francesi, inglesi e tedeschi uscirono allo scoperto e si incontrarono nella terra di nessuno. Ebbe inizio per caso, con un botta e risposta di auguri gridati tra le due parti, fino a che qualcuno si spinse fuori dalla propria trincea per incontrare il nemico e stringergli la mano. Si parlarono, si abbracciarono e seppellirono insieme i caduti di entrambi gli schieramenti. Fu celebrata una messa e una funzione funebre. Furono accese candele e cantati inni di Natale. I soldati fumarono, bevvero e si scambiarono auguri e doni: capi di vestiario, bottoni delle divise, cibo, tabacco. Ciascuno mostrò agli altri ciò che aveva di più caro: fotografie delle famiglie, delle fidanzate, degli amici. E i ricordi del tempo di pace.

Quell’episodio possedeva una forza simbolica tale che, come immaginabile, non poteva essere tollerato dagli Stati Maggiori delle nazioni in guerra. Nell’intento di cancellare la memoria di quell’avvenimento, le truppe su quel fronte furono sostituite con altre unità. Una parte dei documenti che testimoniavano quell’accadimento, fotografie e lettere dal fronte, furono distrutti; alcuni lo furono deliberatamente, altri dagli avvenimenti della storia. Molte delle lettere dei soldati tedeschi furono sepolte nelle rovine delle loro città alla fine del secondo conflitto mondiale. Altre si persero nelle cantine, nei solai, nei traslochi dei loro discendenti.

Ma non tutte però andarono distrutte. Molte furono pubblicate dai giornali dell’epoca, talvolta corredate da fotografie, ancora visibili negli archivi delle redazioni; alcune testimonianze sono conservate all’Imperial War Museum di Londra. Queste lettere costituiscono una sorprendente fonte di informazioni sulla tregua di Natale, che meritano di essere preservate per le future generazioni. Ne propongo una molto significativa, quella del soldato inglese Tom che scrive alla sorella Janet.

«Sono le due del mattino e la maggior parte degli uomini dorme nelle buche, ma io non posso addormentarmi se prima non ti scrivo dei meravigliosi avvenimenti della vigilia di Natale. In verità, ciò che è avvenuto è quasi una fiaba, e se non l’avessi visto coi miei occhi non ci crederei. Prova a immaginare: mentre tu e la famiglia cantavate gli inni davanti al focolare a Londra, io ho fatto lo stesso con i soldati nemici qui nei campi di battaglia di Francia! […] Durante la giornata ci sono stati scambi di fucileria. Ma quando la sera è scesa sulla vigilia, la sparatoria ha smesso completamente. Il nostro primo silenzio totale da mesi! Speravamo che promettesse una festa tranquilla, ma non ci contavamo. Soldati che fraternizzano fuori dalle trincee.

Di colpo un camerata mi scuote e mi grida: “Vieni a vedere! Vieni a vedere cosa fanno i tedeschi!” Ho preso il fucile, sono andato alla trincea e, con cautela, ho alzato la testa sopra i sacchetti di sabbia. Non credevo ai miei occhi nel vedere una cosa così strana e commovente. Grappoli di piccole luci brillavano lungo tutta la linea tedesca, a destra e a sinistra, a perdita d’occhio. “Che cos’è?” ho chiesto al compagno e John ha risposto: “Alberi di Natale!” Era vero. I tedeschi avevano disposto degli alberi di Natale di fronte alla loro trincea, illuminati con candele e lumini. E poi abbiamo sentito le loro voci che si levavano nella canzone Stille nacht […]. Non ho mai sentito un canto più bello e più significativo in quella notte chiara e silenziosa. Quando il canto è finito gli uomini nella nostra trincea hanno applaudito. Sì, soldati inglesi che applaudivano i tedeschi! Poi uno di noi ha cominciato a cantare e ci siamo tutti uniti a lui […]. Per la verità non eravamo bravi a cantare come i tedeschi con le loro belle armonie. Ma hanno risposto con applausi entusiasti […]. Inglesi e tedeschi che intonano in coro attraverso la terra di nessuno! Non potevo pensare niente di più stupefacente, ma quello che è avvenuto dopo lo è stato di più. “Inglesi, uscite!”, li abbiamo sentiti gridare, “voi non spara, noi non spara!”. Nella trincea ci siamo guardati non sapendo che fare. […] Con nostro stupore abbiamo visto due figure levarsi dalla trincea di fronte, scavalcare il filo spinato e avanzare allo scoperto […]. Ho visto uno dei nostri con il fucile puntato e senza dubbio anche altri l’hanno fatto, ma il capitano ha gridato “non sparate!”.

Poi s’è arrampicato fuori dalla trincea ed è andato incontro ai tedeschi a mezza strada. Li abbiamo sentiti parlare e pochi minuti dopo il capitano è tornato con un sigaro tedesco in bocca. Nel frattempo gruppi di due o tre uomini uscivano dalle trincee e venivano verso di noi. Alcuni di noi sono usciti e in pochi minuti eravamo nella terra di nessuno, stringendo le mani a uomini che avevamo cercato di ammazzare poche ore prima. Abbiamo acceso un gran falò e noi tutti attorno, inglesi in divisa kaki e tedeschi in grigio. […] Anche quelli che non riuscivano a parlare si scambiavano doni, i loro sigari con le nostre sigarette, noi il tè e loro il caffè, noi la carne in scatola e loro le salsicce. Ci siamo scambiati mostrine e bottoni. Anch’io ho cambiato un coltello pieghevole con un cinturame di cuoio, un bel ricordo che ti mostrerò quando tornerò a casa. Ci hanno dato per certo che la Francia è alle corde e la Russia quasi disfatta. Noi gli abbiamo ribattuto che non era vero e loro: “Va bene, voi credete ai vostri giornali e noi ai nostri”.

È chiaro che gli raccontano delle balle, ma dopo averli incontrati anch’io mi chiedo fino a che punto i nostri giornali dicano la verità. Questi non sono i barbari selvaggi di cui abbiamo tanto letto. Sono uomini con case e famiglie, paure e speranze e, sì, amor di Patria. Insomma sono uomini come noi. Come hanno potuto indurci a credere altrimenti? Siccome si faceva tardi abbiamo cantato insieme qualche altra canzone attorno al falò […]. Poi ci siamo separati con la promessa di rincontraci l’indomani e magari organizzare una partita di calcio. E insomma, sorella mia, c’è mai stata una vigilia di Natale come questa nella storia? Per i combattimenti qui, naturalmente significa poco purtroppo. Questi soldati sono simpatici, ma eseguono gli ordini e noi facciamo lo stesso. A parte che siamo qui per fermare il loro esercito e rimandarlo a casa e non verremo meno a questo compito. Eppure non si può fare a meno di immaginare cosa accadrebbe se lo spirito che si è rivelato qui fosse colto dalle nazioni del mondo. Ovviamente, conflitti devono sempre sorgere. Ma che succederebbe se i nostri governanti si scambiassero auguri invece di ultimatum? Canzoni invece di insulti? Doni al posto di rappresaglie? Non finirebbero tutte le guerre?». Come noto, quell’auspicio rimase tale. Dopo quella guerra ve ne fu un’altra. E poi un’altra e un’altra ancora…

Nel 1914 l’Italia non era ancora entrata nel conflitto, lo fece a maggio del 1915. La Grande Guerra travolse gli italiani, e anche ai cittadini dei nostri due piccoli comuni, Balsamo e Cinisello, arrivarono inesorabili le cartoline di chiamata alle armi. Giovani, ignari del loro destino, dovettero lasciare le famiglie, il lavoro e partire per il fronte. Fu alto il costo di vite umane per i nostri due comuni: dalle lapidi risultano 108 tra morti e dispersi; molti furono i feriti e 11 i prigionieri di guerra. Il numero totale di vittime della prima guerra mondiale non è determinabile con certezza; si può stimare intorno ai 37 milioni, contando più di 16 milioni di morti e più di 20 milioni di feriti e mutilati, sia militari che civili.

Quella che fu denominata la tregua di Natale fu un avvenimento straordinario e coraggioso, che partì da semplici soldati mossi da sentimenti di umanità e fratellanza. Le loro lettere spedite dal fronte, che raccontano quel gesto di spontanea insubordinazione, oltre a commuoverci, rappresentano un simbolo che scardina tutta la retorica che attorno a ogni guerra viene costruita da un manipolo di folli che le guerre le decidono, ma che poi a morire ci mandano i loro popoli. Quell’episodio ci interroga: è davvero impossibile costruire un mondo pacifico e solidale?

Fotografia: soldati inglesi e tedeschi, tregua di Natale del 1914. Fonte: Imperial War Museum.

Patrizia Rulli

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