5 Febbraio 2025

Il giornale di Cinisello Balsamo e Nord Milano

Criminalità come malvagità e le soluzioni sempre uguali (e inefficaci) della politica

di Roberto Cornelli
Professore Ordinario di Criminologia all’Università statale di Milano

Quando si affronta il tema della sicurezza urbana in Italia ci si scontra immediatamente con un paradosso di fondo: viviamo in una delle società più sicure al mondo e, al tempo stesso, costantemente attraversata da emergenze. Tutto ciò che accade nella vita pubblica sembra assumere rilevanza sociale e divenire priorità politica solo se rappresentato in termini emergenziali. Dalle migrazioni alle proteste, dalla questione giovanile alle nuove tecnologie, dalla conflittualità urbana alla marginalità sociale, il faro si accende solo rispetto a episodi che turbano, mettendo in ombra tutto il resto. Alle prese con continue emergenze, si perde la capacità di comprendere cosa sta accadendo nelle nostre comunità, quali siano le trasformazioni che le stanno attraversando, quali siano le loro ricadute nella vita quotidiana, quali connessioni ci siano tra fenomeni apparentemente lontani.

Anche la criminalità, spogliata delle sue connessioni con i problemi sociali e urbani, si presenta come un fenomeno tanto inspiegabile quanto inquietante. Gli episodi di violenza ci lasciano a bocca aperta, come pervasi da uno spaesamento che non concede appigli a cui aggrapparsi per dare un senso a gesti così estremi, se non ricorrendo alla via semplificatoria della malvagità. I media, da quelli più tradizionali ai social fino alle fiction, spesso non aiutano e, anzi, cristallizzano questi sentimenti e i riduzionismi che li accompagnano. La criminalità diventa emblema stesso dello spaesamento, esprimendo più di ogni altro fenomeno il senso di crisi profonda che investe le società democratiche. Alla politica si chiede di intervenire, e le soluzioni sono spesso standardizzate sulla logica penale: se la criminalità nella sua essenza malefica è il problema dei problemi, la punizione e la segregazione si ergono a risposte necessitate e sempre giuste. Anche al mercato si chiede una protezione a cui l’industria della sicurezza è stata in grado di dare risposta, perlopiù attraverso l’applicazione di tecnologie belliche in ambito civile, e che ha saputo abilmente stimolare, come accade in ogni altro settore economico.

Sia la logica penale che quella di mercato, tuttavia, danno l’illusione che si possa risolvere l’insicurezza sociale con poche misure, sempre le stesse, buone per tutto. In tal modo, insieme alla capacità di comprendere cosa sta accadendo nelle nostre comunità, si sta perdendo progressivamente anche la capacità di immaginare e progettare politiche pubbliche che siano in grado di accompagnare le trasformazioni sociali e urbane, proprio a partire dal tema della sicurezza. Riteniamo che la sfida di oggi sia dunque duplice: da un lato, disarticolare il tema della sicurezza urbana dagli automatismi che lo comprimono sia a livello interpretativo che politico e che, piuttosto che attenuare, in realtà non fanno altro che aumentare la percezione diffusa di una società fuori controllo; dall’altro ricostruire un’idea di sicurezza in cui i diritti siano l’asse portante delle politiche pubbliche. In breve, occorre passare dal diritto alla sicurezza di alcuni alla sicurezza dei diritti per tutt*.

Redazione "La Città"

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Un commento

  • Buona giornata e complimenti Dr. R. Cornelli.
    Concordo su tutto quello che ho letto. Buon lavoro.
    Renato Veccelli.

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