
Patrocinio ad associazioni contrarie alla legge 194. Messaggio ambiguo del comune
di Daniela Gasparini
Quando si parla di aborto e della legge 194, il dibattito si accende facilmente. È un tema complesso, che tocca corde profonde della nostra società: la vita, la libertà, l’etica personale. Tuttavia, è fondamentale essere chiari su un punto: le associazioni cosiddette pro-vita non si limitano a offrire sostegno a chi vuole portare avanti una gravidanza, ma mettono in discussione, in modo esplicito o implicito, il diritto fondamentale delle donne all’autodeterminazione.
Molte associazioni pro-vita si presentano come realtà che vogliono “aiutare” le donne, ma dietro questa facciata si cela spesso una volontà di condizionare o ostacolare le scelte libere e consapevoli delle donne stesse. Non si tratta semplicemente di promuovere la maternità o offrire alternative all’aborto: in molti casi, queste associazioni esercitano pressioni psicologiche e morali sulle donne, colpevolizzandole e cercando di influenzare una decisione che dovrebbe essere presa in autonomia, senza ingerenze.
La legge 194 del 1978 è stata una conquista storica per i diritti delle donne in Italia. Non promuove l’aborto, ma garantisce che esso avvenga in condizioni di sicurezza e legalità, rispettando la scelta individuale di ciascuna donna. Eppure, le associazioni pro-vita cercano di erodere questa legge, proponendo modifiche restrittive o, in alcuni casi, auspicando la sua completa abolizione. Questo approccio mina il principio fondamentale della libertà di scelta.
Essere a favore della 194 non significa “promuovere l’aborto”, come spesso viene insinuato, ma garantire che ogni donna possa decidere del proprio corpo e del proprio futuro, senza coercizioni. Se vogliamo davvero ridurre il numero degli aborti, la strada non è ostacolare le donne o colpevolizzarle, ma investire in educazione sessuale, accesso ai contraccettivi, e politiche di sostegno alla maternità e alla genitorialità.
Quando un Comune concede il patrocinio a convegni organizzati da associazioni apertamente contrarie alla 194, si invia un messaggio ambiguo. Non si tratta di negare la libertà di espressione a chi ha posizioni diverse, ma di ricordare che le istituzioni devono tutelare i diritti acquisiti e non prestarsi a iniziative che possono minare la libertà delle donne.
Il dibattito sull’aborto non può essere ridotto a una contrapposizione tra chi è “a favore della vita” e chi no. Tutti riconosciamo il valore della vita, ma difendere la legge 194 significa difendere la possibilità per ogni donna di decidere per sé stessa. Le associazioni pro-vita che cercano di limitare questa libertà non sono semplicemente “contrarie all’aborto”: sono contrarie all’autodeterminazione delle donne. E questo non può essere accettato.