24 Aprile 2025

Il giornale di Cinisello Balsamo e Nord Milano

Cibo, armi, aiuti. Il ruolo delle cooperative nella Resistenza cinisellese

I cooperatori di Cinisello Balsamo, di “La Previdente”, “Aurora” e “Nostra Casa” si potevano definire antifascisti, ancor prima che Mussolini pensasse di costituire il partito fascista e ne decretasse la nascita. Esisteva tra i soci cooperatori un’informazione genetica che già indirizzava a propendere per la libertà, la solidarietà, contro la violenza, in opposizione alla guerra, per la giustizia e l’equità sociale.

Durante il ventennio fascista le Cooperative vennero fagocitate dal regime che le trasformò in corporazioni con una direzione nazionalmente centra lizzata. Furono unicamente orientate a non disturbare il manovratore. Purtuttavia, i soci che negli anni precedenti si erano adoperati nelle lotte operaie e contadine, pur accantonati, perseguitati e puniti restarono vigili. Confidavano sul mutamento che si sarebbe affacciato. L’entrata in guerra e le conseguenti sconfitte del fascismo, portatrici di do lori e morte, alimentarono questa speranza.

Durante la loro gestione, i gerarchi in camicia nera alla guida delle coopera tive, usarono il pugno duro. Denunciando le “teste calde” facendo tabula rasa dei diritti in precedenza acquisiti dai soci. In una riunione del consiglio dell’Aurora (28, agosto, 1934) i fascisti deliberarono “…di accantonare l’importo delle azioni dei soci che si sono allontanati dal paese senza segnalare la loro residenza…”.

L’Antifascismo italiano in quegli anni appariva debole. Anche se i fuorusciti, prevalentemente verso la Francia (an che cinisellesi e balsamesi, tra cui Giulia, la vedova di Mario Mariani) orchestravano qualche simbolica iniziativa, poco si registrava sul territorio nazionale. Gli unici ad organizzarsi erano i militanti comunisti. In ogni caso, nel periodo, anch’essi prevalentemente relegati alla propaganda e alla testimonianza.

La stessa caduta di Mussolini, il 25 luglio del 43, fu opera di un complotto interno tra fascisti e la corona che subito dopo impose l’insediamento di Badoglio, un tizio in precedenza assai compromesso con il Duce. Tuttavia, dall’8 Settembre, anche le coscienze meno grige mostrarono qualche forma di risveglio.

A Cinisello Balsamo, forti del DNA antifascista i soci non si sottrassero al l’impegno. A più di ottant’anni da quel periodo oggi l’ANPI ricorda con precisione: “Il ruolo delle Cooperative sia rosse che bianche, tra le quali si era in staurato un forte clima collaborativo, è stato molto importante sia come supporto alla Resistenza tramite l’invio di aiuti (viveri, vestiario, armi, denaro) ai partigiani che combattevano in montagna, sia come spazi all’interno dei quali permanevano forme di democrazia.

Ci sono testimonianze che raccontano di come alcuni magazzini cooperativi – scrive ancora l’ANPI locale – vennero usati per nascondere armi, volantini clandestini, o persino staffette e partigiani ricercati. Le botteghe divennero anche luoghi di scambio di informazioni e punti di collegamento fra le diverse cellule della Resistenza locale. In alcuni casi, furono i cooperatori stessi – donne e uomini semplici ma determinati – a rischiare in prima persona per sostenere le attività dei GAP (Gruppi di Azione Patriottica) o delle formazioni partigiane che si muovevano tra la Brianza e la periferia nord di Milano”. Ancora oggi restano vive le testimonianze e il lascito di civiltà democratica, di socialità diffusa e concretamente operante. Vivono nel lavoro che le Cooperative cinisellesi hanno dimostrato di saper compiere nell’interesse e per il bene dell’intera comunità di abitanti.

(nella foto un comizio in piazza del primo sindaco del dopo guerra, Carlo Meani. Era il 25 Aprile del 1946)

Ivano Bison

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